La storia

Coronavirus, «Cacciati da Monaco come appestati». Il racconto di una famiglia italiana “fuggita” dal Principato

Da anni lavorano e vivono nel Principato, dove è nato anche uno dei due figli della coppia

famiglia lercaro

Monaco«Ci hanno trattato come fossimo appestati e questo l’Italia non lo merita». A raccontare una vicenda dai contorni surreali è l’architetto napoletano Fulvio Lardaro, 54 anni, da tempo residente prima in Costa Azzurra, poi nel Principato di Monaco, dove hanno sede sia la sua ditta individuale che quella della moglie, medico veterinario ed educatrice cinofila Osanna Kokhanych Lardaro, 38 anni. La coppia ha due figli: una ragazza di dodici anni e mezzo e un bimbo di tre anni, nato proprio a Monaco.

Una famiglia normale, che dal 2018 risiede stabilmente nel Principato, con due genitori impegnati nei rispettivi lavori e due figli che frequentano la scuola e tanto impegno anche nel sociale, con un’associazione di volontariato che si occupa di aiutare animali abbandonati o randagi. «Il 19 settembre dello scorso anno – racconta Lardaro – Ho chiesto il permesso di soggiorno per me, mia moglie e i miei figli. Abbiamo presentato tutta la documentazione richiesta: tutto era in regola». La figlia maggiore sta crescendo, incombe la necessità di iscriverla a scuola e i due professionisti decidono di chiedere il permesso di soggiorno per non incorrere in qualche difficoltà con l’istituto scelto. Ne hanno piena facoltà.

Ma la risposta non arriva. «Il 12 marzo ricevo una telefonata dalla polizia monegasca. Mi invitano a raggiungere l’ufficio per i permessi di soggiorno», spiega l’architetto, a quel punto convinto di poter ottenere il documento richiesto. «Quando mi sono presentato, l’ispettore mi ha notificato il diniego del permesso di soggiorno». Come prevede la legge monegasca, non c’è una motivazione scritta ad accompagnare il “no” deciso dalle autorità. Ma Lardaro prova a chiedere ragioni al poliziotto. E’ a questo punto che l’ispettore pronuncia, racconta l’architetto, una frase che toglie il fiato: «Questo è il momento che ognuno se ne stia a casa propria, poi con quello che state combinando voi italiani».

Anche se la parola “coronavirus” non viene pronunciata, il nome entrato nel linguaggio popolare della pandemia di Covid-19 resta sospeso nell’aria. Il diniego è accompagnato da un verbale, redatto e firmato il 13 marzo, nel quale tra l’altro si legge che Lardaro, insieme a moglie e figli, ha due mesi di tempo per lasciare il principato, dove vive da due anni con regolare contratto d’affitto. Una doccia fredda, che arriva a poche ore dalla firma, in Italia, del “secondo” decreto Conte: il premier, l’11 marzo scorso, visto l’ingente numero di casi, ha infatti deciso di chiudere attività commerciali quali bar, ristoranti, e negozi di abbigliamento.

«Ci siamo sentiti in pericolo – continua Fulvio Lardaro, che al momento si trova con la famiglia in Toscana – Abbiamo preso alcune cose dal nostro appartamento e siamo corsi via. Ci hanno trattati come appestati, non è giusto, noi italiani siamo stati trasparenti con i dati e il numero dei contagi: siamo gli unici ad aver detto la verità. E ora ci trattano così».

Prima di lasciare Monaco, l’architetto ha anche provato a contattare l’ambasciatore italiano Cristiano Gallo: «Mi ha risposto che di questo non può occuparsene», dichiara l’architetto, che a quel punto ha preferito fare i bagagli in tutta fretta e lasciare il principato, per portare la propria famiglia fuori da quel clima di tensione in cui si è sentito «un appestato».

 

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