La testimonianza

Sanremo, Giornata della Memoria. La commozione dell’alpino Bartolomeo: «Ho visto i miei amici morire» fotogallery

Reduce di un lager tedesco

Sanremo. «Sono partito militare a 19 anni, destinato a Bolzano. Dopo 20 giorni di militare, i tedeschi mi hanno preso prigioniero e mi hanno portato in Germania nei lager nazisti». Inizia così la drammatica testimonianza di Bartolomeo Crespo, 95 anni, reduce di un campo di concentramento nazista: si è salvato solo grazie al bombardamento della città in cui era stato deportato. E’ fuggito e si è nascosto dietro a un mucchio di fieno. Ma “Berto”, come lo chiamano gli amici, non dimentica quell’orrore e gli amici che hanno perso la vita. Alcuni di loro, appena ventenni, sono andati al patibolo piangendo, con sulle labbra la «parola più cara e dolce, mamma», ricorda Bartolomeo.

Si è svolto oggi, davanti a numerose autorità civili e militari, il tradizionale omaggio alle vittime dell’orrore nazifascita che a Sanremo prevede la posa di una composizione floreale fregiato dal Tricolore alla lapide in corso Mombello in ricordo degli IMI internati nei lager nazisti.

«Mi hanno portato in lazzaretto – ricorda l’alpino – Un luogo destinato ai prigionieri che non potevano più lavorare e venivano mandati a morire lì. Ogni mattina dei giorni che sono stato lì, ho visto alcuni prigionieri russi che con un carretto raccoglievano i cadaveri di chi era morto nella notte. Li portavano in una grande buca».

La drammatica testimonianza di Crespo continua con il suo trasferimento in un altro lager dove è rimasto alcuni mesi. «Il 22 marzo del 1945 avvenne un enorme bombardamento che distrusse la città e le nostre baracche. Ci furono 80mila morti – dice – Con i miei compagni scappammo fuori dal lager». Ma la salvezza è ancora lontana. Lo ha impresso nella memoria, ‘Berto’, quello che visse in quei giorni lontani. «La gestapo e le SS venivano a raccogliere i morti, ma anche noi che eravamo scappati e sbandati in città – aggiunge – Io mi salvai perché mi nascosi dietro a un mucchio di fieno e non mi trovarono». Gli amici di Bartolomeo, come lui appena ventenni, vennero catturati e utilizzati dalla polizia segreta di Hitler per raccogliere le macerie. Chi avesse trovato una scatoletta di tonno e non l’avesse consegnata alla polizia, sarebbe stato ucciso. Ma la fame è tanta e a quei giovani, privati della libertà, anche un tozzo di pane sembra un miracolo. Senza pietà, SS e gestapo conducono alla forza chi ha tenuto per sé del cibo. Negli anni dell’orrore si muore, a vent’anni, per una scatoletta di tonno o un pacchetto di biscotti raccolti tra le macerie. 

«Sono state costruite le forche – ricorda Bartolomeo Crespo – I prigionieri dovevano attaccarsi il cappio al collo e poi venivano giustiziati alla presenza di tantissime persone che assistevano sghignazzando e applaudendo. Erano gli ultimi sfoghi di una popolazione impregnata di odio».

Il ricordo dell’alpino è finito tra gli applausi del pubblico, con il 95enne che ad occhi chiusi e la voce rotta dall’emozione diceva: «Evviva l’Italia, evviva l’Europa unita».

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