Giardini reggio

Ventimiglia, caso agronomo-Scullino: lo sfogo del Comitato Salvagiardini

«Non possiamo non entrare a gamba tesa sulle affermazioni fatte dal professionista rispetto ai nostri giardini oggi devastati»

Riviera24- pini giardini Reggio
- Foto d'Archivio

Ventimiglia. «Leggiamo di una querela da parte dell’agronomo al candidato Sindaco del centrodestra. Non difendiamo nessuno, non facciamo propaganda elettorale e non entriamo nel merito della querelle personale, tuttavia, non possiamo non entrare a gamba tesa sulle affermazioni fatte dal professionista rispetto ai nostri giardini oggi devastati» – scrive il Comitato Salvagiardini in merito alla querela dell’agronomo Roberto Garzoglio per diffamazione aggravata nei confronti del candidato sindaco Gaetano Scullino che in una diretta Facebook, trasmessa proprio dal parco avrebbe insinuato che ci fosse un motivo diverso dal pericolo per l’incolumità pubblica messa a rischio da un possibile crollo improvviso degli alberi, dietro al taglio di numerose piante.

«Brevemente ci permettiamo, però, anche di affermare a latere che è vergognoso che un’amministrazione sedicente di centro-sinistra si faccia scavalcare dal centro-destra in tema di verde pubblico, di sensibilità ambientale e concezione corretta di cosa sia un giardino. Davvero improponibile. Questo detto non per le affermazioni e la querela dell’agronomo, ma per la politica del verde dell’Amministrazione uscente, ivi compresi alcuni video inconcepibili visti sui social. Nel merito, in primo luogo vogliamo affermare che il VTA (Visual Tree Assessment), vale a dire lo studio della stabilità degli alberi non è assolutamente vero sia competenza esclusiva del dottore agronomo. Ma, ad ogni buon conto, trascurando la cosa e concedendo la sciocchezza che in fondo nell’economia della situazione ha poca rilevanza, se non quella di far credere che in base a ciò, se la legge mi concede l’esclusiva, io posso dire ciò che voglio senza dimostrarlo solo per il fatto di essere in possesso di un titolo. Il professionista deve dimostrare, invece, sino all’ultima virgola la bontà scientifica delle proprie affermazioni, proprio in onore e virtù del titolo che egli possiede.

Continuano – Possiamo però dire, sicuramente e con altrettanta boria, che non è competenza, tanto meno esclusiva, del dottore agronomo progettare giardini verso i quali non si hanno competenze, appunto, progettuali ed estetiche. Anche se, come nel caso di specie, la progettazione è stata mascherata come un “punto di vista agronomico”, ma dimenticando che decidendo quali alberi piantare e, soprattutto, dove piantarli è comunque un’attività di progetto. Una consulenza agronomica sulla scelta degli alberi è tale solo se è di servizio, cioè di consulenza a un “vero progettista di giardini”.

Ma la cosa è ancora più grave se la progettazione dello pseudo giardino fatto da “alberelli” – come correttamente sono ormai definiti in città gli alberi che hanno sostituito la pineta e le palme – viene affidata allo stesso perito che ha fatto la perizia di abbattimento. Ricordiamo all’agronomo che con determina n. 698 del 4 luglio 2018 è stato affidato lui l’incarico di predisporre le indagini VTA che hanno portato all’abbattimento e con determina n. 918 del 4 settembre 2018 è stato affidato, sempre a lui, l’incarico per la progettazione in “ambito agronomico” nella zona sud dei giardini. Forse sarà anche diffamatorio dire che l’agronomo voleva propinare i suoi alberelli (lo stabilirà soltanto la Magistratura), ma sicuramente il doppio incarico successivo è contro le disposizioni di legge. L’affidamento dell’incarico allo stesso professionista è assolutamente vietato dal combinato disposto degli artt. 30 e 172 del D. Lgs 50/2016 e il Cons. Stato, sez. V, 03/04/2018, n. 2079 ha anche ribadito che tale divieto è volto a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore, quello degli appalti “sotto soglia”, nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio. Sicuramente l’agronomo non aveva volontà di propinare i suoi alberelli, ma di fatto facendo una perizia di abbattimento e allo stesso tempo un progetto di piantumazione: un’infrazione alla legge, ancorché sia da attribuire all’Amministrazione uscente e non certo a lui, c’è stata.

Vale anche la pena ricordare che la perizia aveva ben poco per essere considerata una esaustiva relazione VTA, visto che l’esame strumentale dei difetti e della meccanica arborea non è minimamente descritto nella perizia medesima, se non su basi soggettive e scientificamente non dimostrate. Anche dalle dichiarazioni odierne fatte dal professionista, finalmente si evince con certezza che la perizia è stata fatta solo su una soggettiva valutazione della non dimostrata pericolosità statica degli alberi. Ricordiamo all’agronomo che il metodo VTA è nato proprio per evitare perizie expertise da parte dei tecnici incaricati all’esame, quindi, scongiurare valutazioni della salute degli alberi basate su considerazioni soggettive e indimostrate, ma per consentire a committenza e, nel caso di specie, alla cittadinanza di poter accedere alle informazioni in maniera scientifica e, quindi, poter accedere alla dimostrazione di ogni asserzione sulla base di effettive ricerche eseguite, descritte in termini tecnici e risultati conseguenti in coerenza con le ricerche eseguite concretamente. Ricordiamo anche che il protocollo SIA, cioè la Società Italiana Arboricoltura, relativo alla VTA prevede che lo scopo di una valutazione di stabilità è quello di descrivere la situazione biomeccanica di un albero nei suoi vari apparati, in termini qualitativi e quantitativi soprattutto per quanto concerne il rischio di schianti o cedimenti. Tale verifica, che fonda le sue basi su nozioni di patologia vegetale, botanica, meccanica, tecnologia del legno rifacendosi direttamente alle teorie elaborate fondamentalmente da Shigo e Mattheck ha anche il fine di consentire l’individuazione di procedure operative atte a ripristinare per gli alberi oggetto di analisi una situazione di equilibrio statico mediante note operative arboricolturali.

È buona norma far sì che possano essere definite e valorizzate tutte le possibili tecniche arboricolturali finalizzate alla riduzione del rischio in modo da svincolare l’idea della verifica di stabilità avente come unico esito l’abbattimento o il non abbattimento dell’albero. La perizia, inoltre, pur essendo viziata da lacune procedurali rispetto al metodo da essa stesso richiamato, individuava nella pineta sud vicino al mare l’abbattimento n. 12 alberi in classe D (l’unica classe che consente l’abbattimento), mentre l’abbattimento ha investito n. 36 piante per cui ci sarebbero n. 24 alberi di altre classi abbattuti illegittimamente.
La perizia non è sicuramente stata condotta, quindi, con la finalità di recuperare i pini, ma esclusivamente di abbatterli per oscuri motivi. Ed è vergognoso che nonostante ci siano stati innumerevoli esposti e segnalazioni da parte del Comitato “Salviamo i Giardini Tommaso Reggio” nessuno abbia mosso un dito per evitare questo scempio.

La distruzione dei giardini è sotto gli occhi di tutti. Richiamare cadute avvenute altrove è ridicolo. Farlo come pretesto per sentirsi con la coscienza a posto significa non avere la minima concezione di ecologia urbana. Significa non capire che gli alberi sono vittima dell’ignoranza e devastazione ambientale e non ne sono la causa. Significa capire che il rischio di cadute può esserci, ma non salvaguardare e non mantenere la massa vegetale urbana sino a quando è possibile, nell’ambito appunto di una accettabile sicurezza dei cittadini, è da avventuristi. La riduzione della massa vegetale causa scompensi impensabili in un ecosistema urbano. Occorre capirlo al più presto.Sostituire una pineta con una manciata di alberelli non è una sostituzione della massa vegetale. Ed evocare la sicurezza come giustificazione per asfaltare i giardini e piantare due cespugli e alberelli è solo un pretesto.

Concludono dicendo – Ci chiediamo allora, come mai non vengono eliminati tutti i cartelloni pubblicitari su piantoni e le insegne a bandiera? Forse perché questi fanno parte dell’indotto economico? Ma non sono forse più pericolosi questi per l’incolumità dei cittadini? Forse perché i media parlano solo degli alberi nelle città? Forse perché l’Italia è un paese ignorante in tema di ambiente e non ha alcuna volontà di spendere denaro per mettere in sicurezza gli alberi nel loro pieno rispetto?
Senza contare poi, la devastazione estetica della città a seguito di questo bombardamento distruttivo del verde, ma questo, purtroppo, è un problema di cultura del bello. Sostituire un lungo fiume fatto da meravigliose palme con delle piante di pitosforo è una cosa talmente ridicola che si commenta da sola».

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