Fotografa d'arte

La giovane artista Giulia Quaranta Provenzano approda a Sanremo per il Festival dell’Arte 2019

Si svolgerà dal 4 febbraio al 3 marzo, in concomitanza con il Festival della canzone italiana

Sanremo. Giulia Quaranta Provenzano è una talentuosa fotografa d’arte che, a soli ventinove anni, ha già partecipato ad eventi importanti siglati Spoleto Arte – come quello che si svolgerà dal 4 febbraio al 3 marzo, in concomitanza con il Festival della canzone italiana.

Il Festival dell’Arte, mostra di pittura, fotografia e scultura, sarà visitabile alla Milano Art Gallery di Corso degli Inglesi 3 (di fronte al Casinò di Sanremo) e si preannuncia già un successo assicurato, anche grazie al contributo di personaggi dalla caratura inimitabile quali Al Bano, Katia Ricciarelli, Vittorio Sgarbi, Alviero Martini, l’ex ministro Gian Luca Galletti, il fotografo di fama mondiale Roberto Villa e il manager dei Vip Salvo Nugnes che hanno selezionato attentamente i migliori artisti del panorama nazionale ed internazionale attuale.

Giulia, sta vivendo un momento di grande successo: cosa può dirci a tal proposito?

“Io sono una giovane che ha sempre avuto la passione per qualsiasi forma d’arte, ma sostengo di essere nata con la macchina fotografica in mano! Già a sei anni scattavo con la mia analogica… Un altro, vero, eccezionale artista in famiglia c’è e questo qualcuno è mio nonno. Mio nonno era un maestro del ferro, un fabbro eccezionale che non usava stampi preconfezionati bensì li creava lui e le sue saldature erano invisibili. Inoltre sapeva fare qualsiasi mestiere, se ne intendeva di idraulica, di elettricità, di muratura, di falegnameria. È lui che ha inventato la chitarra per sfogliare le olive: avrebbe dovuto brevettare questa sua invenzione realizzata con un semplice motore di lavatrice e lamiera, però aveva due figlie piccole e le priorità immediate erano altre. Il nonno poi ha sempre avuto un amore spropositato per il canto, per la lirica ed onestamente aveva anche una bellissima voce, potente.
Non gli fu possibile coltivare questo suo dono probabilmente per rispetto del padre sordo e non si imbarcò neppure (pur avendo il libretto di navigazione) perché la famiglia d’origine era contraria. Nonostante tutto Enrico Damonte fu un uomo di successo, il quale dal nulla diede un tetto a moglie e bambine, diede loro l’opportunità di studiare e seguire le proprie propensioni. Ricordo come io sono sempre stata appassionata non soltanto di fotografia, ma delle Grandi Domande di Significato e non era raro neppure da bambina trovarmi ad osservare il cielo con i suoi astri ed i suoi pianeti. Il nonno mi disse che un giorno, diventata grande, mi avrebbe regalato una macchina fotografica come quelle che piacevano a me, quelle che riuscivano a fotografare la luna e le stelle come se le avessi a pochi passi. Si ammalò prima, tuttavia fu ed è ancora orgoglioso di me – e quando, pur nella sua malattia, mi guarda mi riconosce. Lo vedo dai suoi occhi che brillano più di quei minuscoli diamantini che tante volte abbiamo osservato in alto, insieme. Forse non è un caso che io abbia iniziato a collaborare con Spoleto Arte in occasione del Concorso “La Signora delle Stelle”, in memoria della straordinaria Margherita Hack… Tutto questo per dire che sì, sto vivendo un momento di largo ed enorme riconoscimento quale fotografa d’arte e spero sia così per molto ancora, che non vi sia mai una fine poiché, se esiste il destino, il mio deve essere a tutti i costi quello di non rinnegare chi sono per passione e probabilmente per dna (come il nonno inoltre adoro il mare e proprio alcuni scorci marini, della Liguria, presenterò a Sanremo!).

Giulia, ha voglia di svelarci qualcosa delle opere che presenterà al Festival dell’Arte 2019?

“Certamente! A Sanremo esporrò cinque mie tele dal titolo “Borgo Foce”, “Borgo Marina 1-2”, “Borgo Marina 2-2”, “Borgo Prino” e “Dalla Spianata di Oneglia”. Sono scatti che sono stati scelti per una selezione preliminare, che poi li ha visti risultare quali scelta definitiva, anche con il prezioso aiuto della sempre gentilissima ed estremamente disponibile Patrizia Stefani (dell’organizzazione di Spoleto Arte). Ad un primo sguardo sicuramente balzeranno agli occhi i colori per lo più vivaci, molto decisi e carichi ma il significato che le immagini vogliono comunicare è nel linguaggio spaziale in esse contenute. Cioè: il metodo comunemente usato dalla maggioranza è quello pragmatista, basato sulla soggettività, che spiega il significato attraverso la conoscenza e l’influsso dell’ambiente storico, biografico, culturale, sociale, antropologico. Ambiti questi che contestualizzano meglio il contesto in cui si situa l’opera e l’autore, ma che non possono spiegare il significato del linguaggio in quanto non costituiscono un metodo scientifico. Tali sopracitati contesti non sono frutto, non sono il risultato di interpretazioni e studio bensì di facile soggettività non verificata – a differenza dell’analisi condotta con la ricerca degli Schemi Spaziali oggettivi che sottostanno alla strutturazione del significato autentico! Fermandosi dunque alla prima impressione, pragmatista, credo sia difficile (se non impossibile) comprendere come la mia personale sanremese sia un omaggio alla terra che mi ha dato i natali, ma soprattutto sia portatrice di un messaggio universale, un invito, alla speranza e alla fiducia in sé. Un invito all’“elasticità” pur dimostrandosi tenaci, determinati nell’affrontare quel che è, quel che sarà proprio come gli schizzi – per esempio – di “Borgo Foce”. Questi attraverso le fenditure di una grata (retaggi), sotto pesanti massi squadrati ed alcuni appuntiti (imposizioni), continuano a dispetto di tutto il loro fluire alla ricerca di un’ascendenza mai ultimamente esausta da quel che è visibile da chi agisce e da chi osserva (esiste infatti, quale, un “narratore onnisciente”?)”.

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