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Sanremo 2019, il patron dell’Ariston: «Scenografia originale e più spazi per gli artisti»

Ospite a R24 Radio, Walter Vacchino ha svelato le trasformazioni della casa del Festival per la 69a edizione

Sanremo. E’ ufficialmente partito il conto alla rovescia per il 69° Festival. In città sono iniziati ad arrivare i primi big in gara e l’Orchestra sinfonica ha cominciato le prove all’interno del Teatro Ariston, dalla fine di dicembre trasformato in un cantiere.

Quest’anno la scenografia che accompagnerà alla proclamazione del vincitore di Sanremo 2019 sarà ispirata a quella dell’Eurovision song contest. Un allestimento spaziale, il più grande mai visto ma che non toglierà posti alla platea, come lo stesso direttore artistico e conduttore Claudio Baglioni aveva lasciato intendere durante la tradizionale conferenza stampa di metà gennaio.

Firmata Francesca Montinaro, il palcoscenico della kermesse musicale più importante d’Italia sarà una vera e propria sorpresa. Lo sostiene anche il patron della casa della canzone, Walter Vacchino, che ai microfoni di R24 Radio ha risposto alle critiche sull’anacronismo del Teatro che sorgono puntualmente ad ogni edizione del festivalone.

«Le critiche sono sempre uno stimolo per cercare di risolvere quelli che sono dei problemi. Che l’Ariston e il Festival siano due entità cresciute insieme è inconfutabile: se non ci fosse il Festival l’Ariston non sarebbe quello che è – ha detto Vacchino a Renzo Balbo –. Ricordo che ai tempi di Ramazzotti e dei telefoni a gettoni la Sala Stampa era al Ritz, quindi molto molto piccola. Di fronte alla polemica, abbiamo costruito il Roof, così da offrire agli addetti ai lavori delle più ampie dimensioni di lavoratività. È chiaro che il Teatro ha sempre fame di spazi, e sono il primo ad accettare le critiche».

A non andare più a genio agli organizzatori Rai sono le dimensioni della struttura, troppa piccola e poco adatta a ospitare un grande show quale Sanremo aspira ad essere (lo aveva detto ancora Baglioni la passata edizione), tanto che non molti mesi fa si era aperta l’ipotesi di una PalaFestival di 3-4mila posti, da costruirsi in una zona centrale, coniugando lo sviluppo urbanistico, imprenditoriale e commerciale della città alle esigenze artistiche della produzione. Un’idea che tuttavia aleggia ancora nell’aria senza minacciare quel rapporto simbiotico e identitario che in 40 anni si è venuto a creare tra Festival e Ariston.

«Ospitiamo la manifestazione dal 1977, a eccezione della “pausa di riflessione” del ’90, quando il Festival traslocò al Mercato dei Fiori di Valle Armea – ha aggiunto Vacchino –. Devo dire che in tutti questi anni si è instaurato un percorso di crescita che ha permesso al Teatro di diventare un punto di incontro, del costume, delle tradizioni, delle famiglie italiane. Un rito che continua ad andare avanti e che se bel alimentato può creare in futuro nuove musiche e nuove armonie».

Ma novità sono già giunte. Il Baglioni bis presenterà un’edizione riformata, senza la competizione delle Nuove Proposte, con generi musicali alternativi, anche esotici, e l’elemento televisione soltanto da contenitore: al centro il “dirottatore artistico”, fuori da ogni polemica, vuole soltanto la canzone. E novità sono arrivate dallo stesso tempio della musica, con il noleggio di due locali adiacenti al Teatro, la Red Room e la Blue Room, da parte del suo patron. «Affacciati su via Volturno – ha spiegato a R24 Radio – parliamo di locali polifunzionali che potranno ospitare gli artisti, il backstage, le trasmissioni. Li abbiamo acquisiti per ridare quegli spazi sottratti dalle modifiche scenografiche. Ogni anno l’Ariston cambia pelle, ci sono sempre novità che nascono dalla volontà di dare risposte pratiche a tutte le criticità che ci vengono presentate. Quest’anno troverete un allestimento molto diverso rispetto a quello degli anni passati, con funzioni originali che mostrano la fantasia della scenografia e l’adattabilità di quel palcoscenico su cui tanti polemizzano ma che ha ben saputo realizzare il suo progetto».

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