Le parole di una madre

Semilibertà per Delfino, parla la mamma di Antonella Multari: “Me la uccidono giorno per giorno”

"Quando esco con il cane alla sera mi guardo sempre le spalle. Ho paura sapendo che è dentro, ora figuriamoci se esce: non vivo più"

I genitori di Antonella: Rocco Multari e Rosa Tripodi

Vallecrosia. “Ancora oggi ho paura. Quando porto fuori il cane, la sera, mi giro di scatto per guardarmi le spalle. Ho paura di trovarmelo dietro”.

Sono passati quasi nove anni, da quella mattina del 10 agosto 2007. Antonella Multari, una bellissima e solare ragazza di 33 anni, stava passeggiando per le strade di Sanremo in compagnia di un’amica. Era la vigilia del suo compleanno.
Alle sue spalle camminava il suo assassino: Luca Delfino. Antonella non si era accorta di essere seguita: questa la sua unica “colpa”. Una colpa che le costò la vita.
Delfino la uccise, massacrandola con 40 coltellate.
Condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione, ora Luca Delfino potrebbe godere della semilibertà. “L’ho saputo grazie a voi giornalisti”, dice la madre di Antonella Multari, Rosa Tripodi, “Altrimenti nessuno me lo avrebbe fatto sapere”.

Con la voce rotta dal pianto, Rosa Tripodi parla della sua Antonella: “La uccidono giorno per giorno, la uccidono”, dice. Il legale di Delfino ha presentato istanza di semilibertà per poter permettere al suo assistito di poter uscire dal carcere per andare al lavoro. Sarà presentata, per questo, una richiesta di perizia psichiatrica per determinare lo stato di pericolosità sociale del killer.
“Ma lui era già stato sottoposto a perizia psichiatrica”, continua la madre di Antonella, “E la sua pericolosità sociale era stata comprovata”.
“Purtroppo siamo in Italia: a mia figlia la semilibertà non ce la dà più nessuno”, si sfoga Rosa Tripodi, “Lui ha diritto di semilibertà, ha diritto di tutto perché i delinquenti sono tutelati e noialtri siamo abbandonati”.

“Come è possibile che la pericolosità sociale sparisca? Come può un dottore stabilirlo?”, si chiede la donna, “Se uno è pericoloso per la società, come possono dargli la semilibertà? Io non so come sia possibile, come si può? Non è il primo caso: lo sentiamo tutti i giorni. Però una cosa del genere… Me l’ha massacrata e ancora lui ha diritto di andare a lavorare, quando ci sono padri di famiglia che ne avrebbero bisogno. A lui glielo trovano un lavoro, ad un padre di famiglia non danno neanche la possibilità di trovarselo un lavoro”.

Ma non è solo la semilibertà a gettare nell’angoscia e nello sconforto i genitori di Antonella Multari: nel caso in cui, infatti, Delfino dovesse essere ritenuto ancora pericoloso, potrebbe comunque beneficiare di permessi premio, anche se molto ridotti nel tempo.
“Può uscire comunque”, dice Rosa Tripodi, “E allora a cosa serve? Serve per farci morire prima noialtri. Ci stanno facendo morire”.

“Lui me lo ha detto che me l’avrebbe fatta pagare”, ricorda la mamma di Antonella, “Per questo l’ho denunciato ed è stato anche condannato. Ho paura che se esce mi viene a fare del male e io non me lo posso permettere perché devo badare a mio marito, che è disabile”.
“Anche se so che è dentro, io ho paura lo stesso. Quando esco con il cane alla sera mi guardo sempre le spalle. Ho paura sapendo che è dentro, ora figuriamoci se esce: non vivo più”.

La possibilità che forse, nel caso gli venisse concessa la semilibertà, a Luca Delfino sarebbe vietato avvicinarsi a Vallecrosia, ai genitori di Antonella non basta per sentirsi sicuri: “Ma figuriamoci. Nonostante, dopo tutte le mie denunce, ci avessero detto che Delfino aveva il fiato sul collo, il coltello sul collo ce l’ha avuto mia figlia”.

“E’ molto esperto, sa come muoversi”, dice la donna parlando del killer di sua figlia, “Io non ci credo più: la fiducia nella giustizia l’ho persa completamente. Quando andavo dai carabinieri lo dicevo che era pericoloso. Loro mi rispondevano che aveva il fiato sul collo ed era vero: intercettavano le telefonate, tutto. Ma cosa hanno fatto? Niente. Gli hanno dato il permesso di uccidere mia figlia, dopo tutto quello che aveva combinato prima. Queste sono le leggi che abbiamo in Italia”.

Un omicidio, quello di Antonella Multari, premeditato nel dettaglio dal suo killer: Luca Delfino, tre giorni prima di uccidere la sua ex fidanzata, aveva rubato un motorino da utilizzare proprio per andare a caccia della sua vittima.

“Dicono che è stato un detenuto modello”, dice Rosa Tripodi, “E per questo ha tutti i benefici, lo sconto della pena. Ma in carcere cosa deve fare questa gente? Quelli furbi si comportano bene perché sanno che hanno dei benefici. Ma lui, siccome è molto furbo, loro devono controllarlo quando è fuori perché dentro siamo tutti bravi”.

Se Delfino dovesse godere davvero della semilibertà, i genitori di Antonella Multari sarebbero pronti ad andare per le vie legali: “Domani cercherò di contattare il mio avvocato. Deve dirci come dobbiamo andare avanti. Qualcosa si deve fare! Non è che viene sotto casa mia e mi dà un colpo e poi è seminfermo un’altra volta”.
“Non ho parole, davvero, ogni giorno mi girano il coltello nella piaga”, continua Rosa Tripodi, “Mi dicono che grazie alla morte di mia figlia hanno fatto la legge sulla stalking. Ma a cosa serve? Tutti i giorni muoiono le donne, come le galline muoiono”.

“Non ha scontato nemmeno 9 anni”, aggiunge, “Deve venire agosto ancora. Siamo impotenti, non possiamo fare niente. Le leggi vanno rispettate e secondo loro lui ha diritto come tutti gli altri. Non lo so cosa deve fare una persona per non avere diritto a niente, per marcire in carcere. Non lo so. Questo qui se esce, a prescindere da me che mi ha promesso che me la farà pagare, farà fare la stessa fine a tante altre ragazze. Questa gente così non cambia mai: sono possessivi. Tutto è loro. Sono arroganti, possessivi. Non ho altre parole per descriverli”.

“Portavo mia figlia al lavoro come facevo quando andava all’asilo”, racconta Rosa Tripodi, “Eppure non è servito a niente. Perché loro sanno cosa devono fare, sanno come comportarsi e fanno quello che vogliono. A noi, invece, non resta nulla. Siamo in tunnel che non finisce più: gli hanno dato la condanna a 16 anni e 8 mesi e dov’è la certezza della pena, allora? Almeno questa, a noi vittime, datecela”.

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